Lo specchio

"Lo specchio"


Nel corso della storia lo specchio ha racchiuso una grande moltitudine di significati simbolici, ed è stato rappresentato come allegoria della vanitas e della prudentia ,della vanità e della superbia; come simbolo di prudenza e di conoscenza oppure di inganno; come il luogo in cui si forma l’io e la coscienza di sé e contemporaneamente avviene lo sdoppiamento tra il soggetto reale e la sua immagine ideale o il suo doppio diabolico; come una porta di passaggio tra il mondo della realtà e un mondo immaginario.L’utilizzo dello specchio nelle arti visive ha permesso la contrapposizione tra l’occhio e lo sguardo, tra il vedere e il comprendere, tra l’esteriorità e l’interiorità. Esso inoltre ha consentito di dilatare lo spazio svelando ciò che non si vede e non è presente nel campo figurativo rappresentato, ma diventa visibile allo spettatore solo tramite il riflesso dello specchio.
Durante il Cinquecento si discute molto sui poteri soprannaturali e malefici degli specchi magici, in grado di rivelare il futuro, di evocare i defunti o anche solo di porre in contatto delle persone lontane. Le credenze popolari attribuiscono allo specchio e alle superfici riflettenti in generale (come ad esempio l’acqua ferma), il potere di materializzare il passato e il futuro, eventi presenti ma lontani dal luogo in cui ci si trova, oggetti o esseri nascosti; lo specchio sarebbe insomma un occhio magico in grado di vedere ciò che è invisibile all’occhio umano.
Il tema della Vanitas, già presente nell’Antico Testamento (vanitas vantitatum, “vanità di vanità”), è rappresentato di frequente da donne colte nell’atto di guardarsi allo specchio per pura vanità.Le stesse sirene, che incarnano una bellezza in grado di ammaliare e di portare alla morte, sono raffigurate con pettine e specchio.
La Superbia (dal latino superbus= che sta sopra) è il primo dei vizi capitali, principio e radice di ogni vizio.È un amore eccessivo di sé, un autocompiacimento malato che sfocia in una forma di idolatria del proprio io; come tale è rifiuto di Dio, in quanto nega il limite che caratterizza l’uomo. La superbia è la ribellione a questi limiti e la volontà di farsi Dio. Per Superbia, infatti, fu condannato il diavolo.
Nel Seicento, l’ascesa dei ceti medi e mercantili comportò l’emergere di un nuovo tipo di committenza artistica, non più appartenente esclusivamente agli ambienti della Corte o della Chiesa. Questo processo determinò lo sviluppo di generi pittorici da sempre stimati minori, quali il ritratto, la scena di genere e soprattutto la natura morta, che testimoniavano il rinnovato interesse scientifico per la realtà e per la sua minuziosa indagine descrittiva, seppure ancora sottomesso all’espressione di valori e messaggi morali e religiosi.Il genere della natura morta prediligeva il tema iconografico della vanitas. La sua affermazione principalmente nei paesi dell’Europa centro-settentrionale (Olanda soprattutto) è da ricollegarsi al senso di precarietà che si diffuse in seguito alla guerra dei trent’anni e al dilagare delle epidemie di peste. Gli elementi caratteristici di tali composizioni sono l’immancabile teschio memento mori, la candela spenta e il silenzio degli strumenti musicali, come simboli di morte; la clessidra o l’orologio, moniti dell’inesorabile trascorrere del tempo; le bolle di sapone, simbolo della precarietà della vita e dei beni terreni; un fiore spezzato o un frutto bacato, emblemi della brevità della vita e del suo rapido sfiorire. Non è raro trovare tra queste composizioni anche uno specchio o una sfera riflettente.
Lo specchio non ha avuto esclusivamente una connotazione negativa come simbolo dell’inganno, della vanità e della fugacità del tempo.L’allegoria della Prudenza (una delle quattro virtù cardinali, emanazione della Sapienza divina e primo dono dello Spirito Santo), variamente rappresentata nel corso del Medioevo e del Rinascimento, raffigura infatti una giovane donna accompagnata generalmente da due elementi: un serpente e uno specchio.L’immagine della giovane donna che guarda il proprio volto riflesso nello specchio compare nella iconografia del tardo Medioevo e viene utilizzata frequentemente nella pittura e nella scultura dell’arte rinascimentale italiana. Lo specchio è attributo della virtù che impone la conoscenza di se stessi in quanto condizione preliminare per regolare le proprie azioni, e per agire dunque in modo virtuoso. La conoscenza di sé implica infatti quella delle proprie possibilità e dei propri limiti.

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